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mercoledì 16 ottobre 2013

"ETICA DI UN AMORE IMPURO" di ALESSANDRO SAVONA

Eccovi una nuova recensione resa possibile grazie alla collaborazione con la casa editrice LEIMA (siete grandi!).

Il libro in questione si apre con una prefazione molto singolare. La figura predominante è quella del ponte, utilizzata come metafora che viene accostata a tutto: persone, legami, azioni,... vita.

"Siamo ponti senza saperlo. Annodiamo esistenze. Solitudini. Mani tese...."


a cura di: SIMONA LO IACONO

Questa continua con la presentazione dei protagonisti.
Due storie apparentemente parallele, divise dal tempo e dallo spazio, ma unite dalla passione per il semiologo francese Roland Barthes e non solo.
Olivier è un ragazzo molto vivace, che si trova a vivere la rivoluzione studentesca del '68 a Parigi. La sua vita è caratterizzata da una continua ricerca dell'amore, probabilmente per colmare quel vuoto che ne divora l'esistenza. Un'anima ferita caratterizzata da un continuo tormento che porta all'autocommiserazione ma anche ad un forte bisogno di ribellione. Un giovane che vede il suo unico punto di riferimento in Barthes.
Marco è uno studente di Architettura a Palermo che vive i suoi conflitti interiori come ogni giovane. Corre l'anno 2006 quando lui, un po' per caso e un po' per fato, trova un biglietto scritto da Olivier tra le pagine del libro di Barthes; un biglietto che suscita in lui un sentimento di gelosia alimentato dall'impossibilità di conoscerne e condividerne il segreto. Questo "frammento" inoltre, costituisce il famoso "ponte" tra i due.

Il continuo intreccio tra passato e presente ci permette di vivere in luoghi e situazioni tanto simili quanto differenti. Il lettore riesce ad immedesimarsi in ciò che legge dalla prima all'ultima pagina, passando dall'atmosfera di una Parigi in sommossa ad una Palermo tranquilla, con una carica emotiva notevole. Ma quel che rende tutto questo possibile è certamente il linguaggio.
Il nostro scrittore utilizza un linguaggio molto curato e per nulla indifferente, il quale ha un effetto quasi "benefico". Scorrevole, armonioso, consapevole, dettagliato, mai noioso, spesso poetico.
Al giorno d'oggi, con quello che leggiamo, possiamo ben notare che in uno scrittore che si definisce tale, il "saper scrivere" non è più una caratteristica così scontata, anzi... direi latitante! Ormai si scrive in maniera un po' sempliciotta anche errando, e soltanto perché quello che si pubblica vuole e DEVE essere alla portata di tutti, (incapacità a parte).

Mi viene in mente una citazione di AristoteleE' questa semplicità che rende gli oratori incolti più efficaci nel rivolgersi ad un pubblico popolare.

Dunque, a mio avviso, Alessandro Savona possiede una risorsa di immenso valore ormai più unica che rara (e vi sembrerò un po' estremista, ma su certe cose non transigo)!
Tornando al nostro libro, vorrei citarvi qualche passo che più mi è rimasto impresso, che mi ha emozionato e commosso:

"Colpii la schiena del poliziotto con una rabbia feroce, come avrei colpito il corpo ignorante di mio padre, i suoi tanti anni di silenzio, per liberarmi dalla gogna, urlare il mio corpo, la libertà delle mie lacrime, il significato di quel sangue."

Credo che questo passo sia l'apice dell'espressione di un dolore represso per tanto tempo e che trova sfogo in un'azione brutale, ma liberatoria. In questi pochi versi viene racchiuso il punto cruciale della storia dei nostri due protagonisti: il complesso rapporto con il padre.
Olivier si trova in una situazione più delicata rispetto a  Marco, in quanto vive "l'amore" in maniera sofferente, una sofferenza data dal non poter amare totalmente il suo mentore. Marco invece, vive questo sentimento con semplicità e con la curiosità di un ragazzo della sua età alle prime armi.

"L'amore può essere incondizionato, viscerale, profondissimo ma portare all'autolesionismo il soggetto che ama......
In amore, credo, l'uomo diviene spesso nemico di se stesso. Sai quando?"

"Quando non è felice"

"Quando non è felice e si ostina a non rendersene conto".

Ed è proprio in riferimento all'amore che viene spiegato il concetto di "impuro"che rappresenta una delle chiavi di lettura del romanzo.
Grazie ad un progetto universitario Marco partirà per Parigi e lì, si imbatterà in Olivier e nella sua etica di un amore impuro.

lunedì 7 ottobre 2013

"La galleria dei mariti scomparsi" di Natasha Solomons

Il libro di cui vi parlerò oggi ci è stato gentilmente inviato dalla casa editrice Sperling & Kupfer, e colgo l’occasione per ringraziarli ancora una volta.

Copertina del libro.
“La galleria dei mariti scomparsi” (titolo originale: The gallery of vanished husbands) è il terzo romanzo della scrittrice inglese Natasha Solomons, uscito in tutte le librerie italiane il 3 settembre 2013, edito da Frassinelli, che da oltre trent’anni è entrata a far parte della casa editrice Sperling & Kupfer (clicca qui per visitare il sito).

Protagonista del romanzo è Juliet Montague, nata Greene, una giovane donna nata e cresciuta nel Kent, moglie e madre di due figli, Frieda e Leonard. Negli anni Cinquanta, dopo un’infanzia e un’adolescenza dominate dalla noia e dalla mancanza di novità, Juliet conosce quello che sarà il suo futuro marito, George. Tutto procederà normalmente, finchè una mattina George esce di casa, per non farvi più ritorno, portando via con sé un ritratto della moglie da bambina, furto al quale essa non si rassegnerà mai.

Juliet si ritroverà quindi con due figli da mantenere e il modesto impiego nella ditta di occhiali del padre. Ma le cose cambieranno quando, il giorno del suo trentesimo compleanno, uscendo per andare a comprare il suo “regalo di compleanno”, ovvero un frigorifero (in quanto le ristrettezze economiche finora non ne avevano permesso l’acquisto), incontrerà, lungo il suo cammino, un pittore di strada, Charlie Fussell, e con lui la possibilità di cambiare vita per sempre.

Seguiranno non poche difficoltà, soprattutto con la comunità ebraica di cui la sua famiglia fa parte, la quale, considerandola nient’altro che una agunah (termine che, in lingua ebraica, indica una donna “legata” al proprio matrimonio), la giudicherà una donna libertina e sfacciata, poiché far parte del mondo dell’arte, per essi, significa soltanto compiere molteplici adulteri alle spalle del marito, per poi ricoprirlo di vergogna una volta tornato a casa. Altro tasto dolente per la povera Juliet, il rapporto con la figlia Frieda, con la quale vivrà sempre un rapporto distaccato, a differenza di Leonard, in cui Juliet troverà, oltre che un figlio, un vero e proprio amico.

l'autrice, Natasha Solomons.
La storia di Juliet, come viene raccontato dall’autrice nella nota finale, è ispirata alla vera storia della nonna del marito della stessa Solomons, la quale, nel 1948 (più o meno negli stessi anni in cui si svolgono gli eventi narrati nel libro), fu abbandonata dal marito, senza soldi e con due bambini piccoli. Il personaggio di Juliet è simbolo di ogni donna forte, che, indifferentemente dall’epoca in cui vive, dal luogo in cui si trova e dalla gente che la circonda, non si perde mai d’animo, nemmeno nei momenti più neri - certe volte le veniva il dubbio che la solitudine si riconoscesse dall’odore, come la muffa - e affronterà le conseguenze delle proprie decisioni a testa alta, sempre e comunque.

Tra la moltudine di personaggi che gireranno intorno alla vita della protagonista (essi stessi influenzeranno gran parte delle sue scelte), a mio avviso uno dei più interessanti è Max Langford, “un artista di guerra senza una guerra”.



Interessante anche il modo in cui Juliet entra a contatto con l’arte, rendendola parte essenziale della propria vita:
«No, non sono una pittrice, sono un’osservatrice» 
«Una cosa?»
«È il mio talento particolare. Ci sono persone capaci di fare un cruciverba in dieci minuti spaccati o di preparare lo strudel di mele perfetto; io non so né disegnare né dipingere, ma so osservare i quadri. Colgo la loro essenza. Non è la più utile delle doti e sia mia madre che i miei figli preferirebbero di gran lunga che sapessi preparare lo strudel.»
Altro passo fondamentale per delineare la figura della protagonista è il seguente:
«Lei è brava a fiutare talenti. Si fidi di quella stretta alla pancia, simile a un attacco di felicità o di indigestione, che le prende quando si trova davanti a un’opera realmente meravigliosa. A volte ci avrà visto giusto, altre no, ma la verità è che non esiste giusto o sbagliato. È solo questione di fortuna. Un giorno ti sorride, il giorno dopo ti volta le spalle.»
Trovo che questo romanzo possa piacere a qualunque tipo di lettore, uomo o donna, poiché il modo in cui i fatti vengono narrati non è né troppo asciutto né troppo stucchevole o romanzato (sebbene la copertina possa trarre in inganno!), per cui chiunque potrà sfogliare le pagine di questo romanzo, e trovarvi dentro un frammento di sé, oltre al concedersi una full immersion nel mondo dell'arte.
Perché sia che la creiamo, sia che osserviamo, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, avrà a che fare con l'arte.

martedì 1 ottobre 2013

"WHITE" partitura n° 2

Il libro di cui vi parlerò oggi ci è stato spedito gentilmente dalla casa editrice Round Midnight (vi ringraziamo ancora una volta per la vostra collaborazione!).
Partitura, come viene descritta nel sito ufficiale (www.roundmidnightedizioni.com), è una rappresentazione grafica di una composizione vocale o strumentale, la quale diviene un connubio di voci, di uomini e di donne che cercano di esprimere ciò che hanno dentro nell'unico modo a disposizione: creando.

Non nego di aver dovuto leggere per ben due volte questo libro per capire se, effettivamente, la prima impressione era stata corretta o meno. Beh... mi sono smentita.
Andiamo per ordine... Primo racconto: Renzo Brollo, "IL GRANDE BLAM!"
Questo si apre con, Tempo pieno (da meno venti a zero). A primo acchito, se non si è prestata molta attenzione, si potrebbe pensare che lo scrittore abbia voluto contrapporre due diverse storie con due rispettivi protagonisti: un bambino e un uomo. La verità è che, attraverso questo zapping spazio-temporale ci viene raccontata un'unica, semplice, ma "particolare" storia di vita. Il bambino si trova a scuola, quando la bidella lo reclama nel suo "gergo bidellese" e lo informa della morte dei genitori. Parliamone... non ho particolarmente apprezzato questo appunto, come se i bidelli fossero stati inseriti in una "sotto categoria" e quindi, come se questi parlassero un'altra lingua o comunque, una lingua di "sotto-strato" sociale (vorrei conoscere una persona che sappia parlare realmente in italiano... magari un parlamentare!). Da questo momento, il protagonista vive la sua vita come per inerzia seduto su una sedia, in attesa che succeda qualcosa di buono. Per assurdo, a dargli una spinta seppur breve, è il famoso cantante Billie Joe Amstrong dei Green Day, il quale gli confessa di aver passato la vita a pensarlo e a "stalkerarlo" e, al grande Blam!
Beh, chi non vorrebbe essere stalkerata dal mitico Billie?! (La mia collega Dorotea ne sarebbe certamente FELICE :P). Nonostante la sorpresa, questo episodio è stato un'altro nodo nella mia lettura scorrevole; è chiaro che, chi non è un appassionato della famosa band e non ne conosce vita, morte e passione, non può comprendere subito qual è il filo conduttore che lega la vita del protagonista alla vita del cantante, il perché avviene questo incontro e perché lo scrittore ha scelto proprio il cantante dei Green Day piuttosto che, quello dei Foo Fighters.
In conclusione, qualcosa di buono sembra effettivamente successa. Non tutti i mali vengono per nuocere! Simpaticamente vi dico che, non vi aspettereste mai cos'è il grande Blam!

Secondo racconto: Francesco Caruso, "COINCIDENZE"


Il protagonista è un semplice ferroviere che vive da solo, il cui unico impegno è il lavoro. In un giorno come tanti, Armando incontra proprio sul treno, Rita. Forse per "coincidenza" o forse no? Fatto sta che i due iniziano una conoscenza apparentemente normale e naturale. Ciò che mi ha fatto sorridere con molto piacere è stata la poesia affibbiata più al cibo, che ai dialoghi: " Contrariamente al minestrone, infatti, le bistecche della mensa ferrovieri sono famose per non aver mai ceduto in vita loro alla tenerezza...". Carina, davvero! Nel momento in cui ho letto: "A quel punto le sciorino spudoratamente la cronologia dettagliata della mia vita, non senza chiedermi di tanto in tanto come mai stessi stendendo senza ritegno tutti i miei panni davanti a una perfetta estranea, per quanto carina.", sono rimasta un po' delusa, perché il termine "sciorinare" è già di per sé esplicito, vuol dire una cosa ben precisa ed è stato come leggere per due volte la stessa cosa all'interno del medesimo concetto. Detto questo, il linguaggio molto curato ha reso semplice la lettura del racconto. In ultimo, mi sovviene un altro proverbio "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio!"

Terzo racconto: Franco Legni, "LUST FOR LIFE"


Questo rappresenta un alternarsi di storie di vita differenti legate da un unico tema principale: il lavoro.
La prima storia raccontata, vede come protagonista il piccolo Chen, un bambino cinese che conosce soltanto la fatica di guadagnarsi da vivere, senza mai "vivere" realmente. Si sa, che i cinesi sono il popolo maggiormente dedito al lavoro, rispetto a tutti gli altri che, come gli italiani (esempio casuale, e non mi riferisco alla gente seria), vogliono "vincere facile". La situazione in Cina è sempre stata abbastanza delicata, lì, si muore se non c'è il lavoro, ma si muore anche di troppo lavoro. Ma come di consueto c'è sempre chi se la passa meglio di altri... tradizioni o no. La seconda storia è totalmente diversa e non a caso, il porno attore che guadagna soldi a palate facendo sesso, è proprio un italiano. Il linguaggio utilizzato dallo scrittore è abbastanza esplicito e aggiungerei anche molto disinibito...forse anche troppo! Ma grazie a questo, la descrizione delle scene è stata impeccabile. Nella terza storia ricorre il tema del razzismo, in questo caso, il portavoce è Michael, un lavoratore Maldiviano che racconta del suo stile di vita: lavoro, religione, impressioni... quest'ultime si riferiscono in particolare ai turisti facoltosi, i quali, grazie ai loro soldi, si permettono di guardare dall'alto in basso chi non gli fa da specchio (se solo sapessero quanto sono fondamentali per loro le persone come Michael!). La quarta e ultima storia è abbastanza triste e quotidiana, purtroppo! Severine è una tossicodipendente che si guadagna da vivere onestamente (salvo eccezioni), ma lo stipendio non viene utilizzato per costruire un futuro per lei e il bambino che aspetta, ma per comprarsi la roba. Tutto viene raccontato in termini sprezzanti. Quello che ho percepito da ognuno di questi piccoli frammenti di vita, che sono frutto di ben altro che fantasia (magari fosse solo immaginazione!), è stato un terribile senso di rassegnazione da parte di tutti i protagonisti, meno da uno... l'italiano. Appare come l'unico ad essere pienamente soddisfatto del suo operato, a discapito di tutti gli altri che invece, ricorrentemente pensano: "questo c'è e questo mi devo prendere". In un unico racconto viene a galla quella che è la società (marcia) di oggi, con una sottile ma non invisibile linea di sarcasmo misto a disappunto.

Quarto racconto: Chiara Agostini, "PATAPUM!
"

Ecco che noi donne possiamo prenderci una piccola soddisfazione, leggendo di un uomo che si prostra davanti alla sua donna, nonostante gli errori commessi, chiedendole di sposarlo. Quante volte abbiamo perdonato le malefatte dei nostri uomini? Quante volte abbiamo messo da parte l'orgoglio e l'amor proprio, perché l'unica cosa che importava era stare insieme a lui? Quante volte abbiamo fatto finta di essere cieche per non vedere la realtà dei fatti? Beh, questo è il momento della rivincita! Punto di vista prettamente femminile, talmente dettagliato da sembrare un esperienza intima vissuta personalmente dalla scrittrice. Donne, ricordatevelo sempre... PRIMA DI TUTTO LA VOSTRA FELICITA'! ;)

Quinto e ultimo racconto: Marina Presciutti, "GUERRA"

Storia abbastanza divertente e paradossale! I paesini di provincia, senza distinzione, sono i luoghi del "peccato" per eccellenza. Si sa, che lì è più probabile che tutti conoscano tutti e non soltanto di vista.......
Difatti, troviamo un uomo che specula sulle sue presunte corna e fa del bambino nato di colore, un fenomeno da baraccone. Il linguaggio è in molti punti esilarante e rende molto bene l'idea:" In città gli uomini evitavano di passare sotto balconi troppo bassi per non sfondarli con le corna." A leggere il titolo, ci si aspetta qualcosa di diverso, ma è vero che la scrittrice ci riconduce nel testo al perché di questa scelta.


Per concludere, posso dire che questo libro rappresenta una lettura abbastanza veloce date le sue piccole dimensioni e che, è adatta a tutti. Il primo impatto non è stato dei migliori, in quanto non essendo una storia unica, i racconti sono apparsi come semplici e forse anche troppo brevi per capire qualcosa di più. Fortunatamente sono il tipo di lettrice a cui piace cercare i significati nascosti e rileggendo con più attenzione sono riuscita a cogliere delle sfaccettature che non avevo colto prima.
Nel libro troverete anche delle illustrazioni che, oltre a colorare le pagine, aiutano a dare un senso a ciò che si legge... certo, se apprezzate l'arte e riuscite ad accostarla alla letteratura! :p 

A presto, guyz!!! ;)
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