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lunedì 20 marzo 2017

LA DONNA DAI CAPELLI ROSSI di Orhan Pamuk

È bellissima, ha i capelli rossi come le fiamme e il fascino irresistibile dell'attrice che sul palco sa trasformarsi nell'eroina sensuale e perduta dei poemi. Cem è solo un umile apprendista quando la vede per la prima volta: non sa che da quel giorno anche la sua vita seguirà la traiettoria fatale e misteriosa delle tragedie cantate dai poeti.


La donna dai capelli rossi (Einaudi, 2017) è l'ultimo romanzo scritto da Orhan Pamuk, il quale è stato premio Nobel per la letteratura nell'anno 2006.

Pamuk si fa portavoce di un paese come la Turchia, in cui è certamente difficile avere una totale libertà di espressione.
Tutto questo ci viene presentato, descritto dal nostro autore, attraverso quello che è il rapporto padre-figlio.
Attraverso un linguaggio narrativo mite, quasi fiabesco e dal quale si evince una ricerca poetica nella forma, Pamuk ci racconta la storia di Cem, un giovane ragazzo di buona famiglia che non ha possibilità di approfondire il rapporto col padre, poiché presto viene arrestato a causa delle sue frequentazioni politiche. Il padre non farà più ritorno a casa, di conseguenza Cem dovrà provvedere al sostentamento di sé e della madre; nonostante il suo sogno di diventare scrittore, verrà assunto come apprendista da mastro Mahmut, costruttore di pozzi.
È durante il suo soggiorno a Istanbul che il giovane incontrerà l'attrice dai capelli rossi.
Una buona parte della storia è incentrata sui sentimenti d'amore nei confronti della donna che si alternano a quelli di gelosia e paura del rifiuto da parte di Mahmut Usta, il quale diventa man mano una figura di riferimento.
L'unione con lei cambierà per sempre la sua vita.
Notevole è la capacità di Pamuk di sviluppare la visione di Cem attraverso i fondamenti letterari della civiltà occidentale e orientale, intrecciando l'Edipo Re di Sofocle con il Rostam e Sohrab di Ferdowsi.
Sembra quasi inevitabile oltre al tema dell'ideologia, soffermarsi anche sul tema della fede, dei valori morali.
Ed è proprio in questo che troviamo la chiave per conoscere una delle facce della Turchia del tempo, paese in cui la situazione politico-sociale non è mai stata e continua a non essere semplice né elastica; ove la religione diventa, forse, un ottimo capro espiatorio. Un Paese nel quale la figura patriarcale diventa un modello da seguire ma, a volte, da sopprimere. Questa sembra l'unica soluzione se si esprime la volontà di far emergere la propria personalità e di affermare la propria individualità, ottenendo un ruolo sociale riconosciuto.


"Non so perché, ma mi è venuto in mente Dio, - dissi, sussurrando a quel giovane che per un attimo avevo sentito vicino, come se gli confessassi un segreto.


- Dio è ovunque, - disse quel presuntuoso di Serhat.

- È in basso, in alto, a nord, a sud. Ovunque.
- Sì, è vero.
- Se è così, perché non credi in Lui?
- In chi?
- In Dio l'Altissimo, - rispose. - Nel Dio che ha creato ogni cosa.
- Tu come fai a sapere che non credo in Dio?
- È evidente...
- Il laicismo dei turchi ricchi europeizzati si nasconde dietro un pretesto. - Ma in realtà queste persone che sono completamente atee, vogliono il laicismo solo per poter compiere a cuor leggero qualunque azione malvagia gli passi per la mente, giustificandola con la modernità.
- Che problemi hai con la modernità?
- In realtà niente e nessuno rappresenta un problema per me, - disse, calmandosi. - Desidero essere me stesso senza dovermi identificare con i nemici. Con definizioni contraddittorie come democratico, comunista, devoto, moderno, perciò, anziché starmene fra la gente, scrivo poesie. [...]
- È proprio per colpa di queste aspirazioni, di questa preoccupazione per l'individualismo che i nostri ricchi europeizzati non solo non riescono a diventare individui: non riescono nemmeno a trovare se stessi, - disse. - questi turchi ricchi "europei" non credono in Dio, perché credono loro di essere qualcosa. Per questa gente l'individualità è fondamentale. Molti non credono in Dio soltanto per dimostrare di non essere come tutti. Ma non ci riescono. Credere vuol dire essere come tutti. La religione è il paradiso e il conforto degli umili."










_Noemi_
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