Il libro di cui vi parlerò oggi ci è stato gentilmente
inviato dalla casa editrice Sperling & Kupfer, e colgo l’occasione per
ringraziarli ancora una volta.
Copertina del libro. |
“La galleria dei mariti scomparsi” (titolo originale: The
gallery of vanished husbands) è il terzo romanzo della scrittrice inglese
Natasha Solomons, uscito in tutte le librerie italiane il 3 settembre 2013,
edito da Frassinelli, che da oltre trent’anni è entrata a far parte della casa
editrice Sperling & Kupfer (clicca qui per visitare il sito).
Protagonista del romanzo è Juliet Montague, nata Greene, una
giovane donna nata e cresciuta nel Kent, moglie e madre di due figli, Frieda e
Leonard. Negli anni Cinquanta, dopo un’infanzia e un’adolescenza dominate dalla
noia e dalla mancanza di novità, Juliet conosce quello che sarà il suo futuro
marito, George. Tutto procederà normalmente, finchè una mattina George esce di
casa, per non farvi più ritorno, portando via con sé un ritratto della moglie
da bambina, furto al quale essa non si rassegnerà mai.
Juliet si ritroverà quindi con due figli da mantenere e il
modesto impiego nella ditta di occhiali del padre. Ma le cose cambieranno
quando, il giorno del suo trentesimo compleanno, uscendo per andare a comprare
il suo “regalo di compleanno”, ovvero un frigorifero (in quanto le ristrettezze
economiche finora non ne avevano permesso l’acquisto), incontrerà, lungo il suo
cammino, un pittore di strada, Charlie Fussell, e con lui la possibilità di
cambiare vita per sempre.
l'autrice, Natasha Solomons. |
La storia di Juliet, come viene raccontato dall’autrice
nella nota finale, è ispirata alla vera storia della nonna del marito
della stessa Solomons, la quale, nel 1948 (più o meno negli stessi anni in cui
si svolgono gli eventi narrati nel libro), fu abbandonata dal marito, senza
soldi e con due bambini piccoli. Il personaggio di Juliet è simbolo di ogni
donna forte, che, indifferentemente dall’epoca in cui vive, dal luogo in cui si
trova e dalla gente che la circonda, non si perde mai d’animo, nemmeno nei
momenti più neri - certe volte le veniva il dubbio che la
solitudine si riconoscesse dall’odore, come la muffa - e affronterà le conseguenze
delle proprie decisioni a testa alta, sempre e comunque.
Tra la moltudine di personaggi che gireranno intorno alla
vita della protagonista (essi stessi influenzeranno gran parte delle sue scelte), a mio avviso uno dei più interessanti è Max Langford, “un
artista di guerra senza una guerra”.
Interessante anche il modo in cui Juliet entra a contatto con l’arte, rendendola parte essenziale della propria vita:
«No, non sono una pittrice, sono un’osservatrice»
Altro passo fondamentale per delineare la figura della protagonista è il seguente:«Una cosa?»«È il mio talento particolare. Ci sono persone capaci di fare un cruciverba in dieci minuti spaccati o di preparare lo strudel di mele perfetto; io non so né disegnare né dipingere, ma so osservare i quadri. Colgo la loro essenza. Non è la più utile delle doti e sia mia madre che i miei figli preferirebbero di gran lunga che sapessi preparare lo strudel.»
Trovo che questo romanzo possa piacere a qualunque tipo di lettore, uomo o donna, poiché il modo in cui i fatti vengono narrati non è né troppo asciutto né troppo stucchevole o romanzato (sebbene la copertina possa trarre in inganno!), per cui chiunque potrà sfogliare le pagine di questo romanzo, e trovarvi dentro un frammento di sé, oltre al concedersi una full immersion nel mondo dell'arte.«Lei è brava a fiutare talenti. Si fidi di quella stretta alla pancia, simile a un attacco di felicità o di indigestione, che le prende quando si trova davanti a un’opera realmente meravigliosa. A volte ci avrà visto giusto, altre no, ma la verità è che non esiste giusto o sbagliato. È solo questione di fortuna. Un giorno ti sorride, il giorno dopo ti volta le spalle.»
Perché sia che la creiamo, sia che osserviamo, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, avrà a che fare con l'arte.
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