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venerdì 27 settembre 2013

Voglia di CINEMA: "Battle Royale" (2000): una battaglia per la vita

Dopo un'attesa estenuante (per me, forse per voi un pò meno), eccomi di nuovo qui per parlarvi di cinema!
Come tutti sapete, sta per arrivare Hunger Games 2:  La ragazza di fuoco.
Chi di voi ha adorato questo film sarà lieto della notizia.
Forse non tutti sanno però, che nel 1999 usciva il romanzo "Battle Royale" (di Koushun Takami) e che nel 2000 ne avevano già fatto un film.
Ora, premettendo che Hunger Games mi era piaciuto molto quando è uscito, vorrei anche porre un freno sulla sua originalità, sia per il film che per la questione del romanzo. Immagino che l'autrice Suzanne Collins si sia ispirata a quello giapponese, per realizzare il suo. Personalmente non ho avuto il piacere di leggere entrambi i libri, spero di recuperare presto. Ma in compenso, ho visionato entrambi i film. Di seguito verrò a parlarvi di Battle Royale.
                                                           La locandina spagnola del film

Per la regia di Kinji Fukasaku, Battle Royale è un film del 2000, come si accennava poc'anzi e credo che, sia per l'anno in cui è uscito sia per i toni utilizzati per la storia, sia quasi superiore ad Hunger Games. Tralasciando la pellicola e tutta la tecnologia moderna che ovviamente rende i film recenti molto più apprezzabili rispetto agli altri, dal punto di vista estetico, perlomeno, le storie sono pressoché identiche: in Hunger Games abbiamo un'America post-apocalittica, in cui la città di Capitol City domina su dodici distretti poverissimi, più un 13° andato distrutto. Ogni anno, come punizione per essersi ribellati, ogni distretto deve concedere, con un sorteggio, un ragazzo e una ragazza tra i dodici e i diciotto anni per partecipare agli Hunger Games, un evento nel quale i "tributi" devono combattere tra di loro in un' arena controllata da un gruppo di Strateghi, fino a che uno solo dei partecipanti rimane vivo, divertendo la ricca aristocrazia dal momento della scelta fino alla loro vittoria, o morte. In Battle Royale abbiamo una nazione non ben definita (comunque asiatica e probabilmente, anzi, certamente giapponese) in un futuro prossimo in cui l'educazione dei ragazzi, viene attuata tramite una crudele battaglia all'ultimo sangue, la Battle Royale, appunto. Ogni anno infatti, viene rapita tramite sorteggio una classe di terza media, e trasportata su un'isola deserta. Ognuno di loro riceverà uno zaino con armi a caso, una bussola, un collare-bomba, viveri per tre giorni e dovrà combattere per uccidere i propri compagni e rubare loro le armi più forti. Il loro, così detto tutor, prof. Kitano (interpretato dal bravissimo attore e regista Takeshi Kitano), annuncerà loro quattro volte al giorno le zone proibite a cui non accedere, pena, l'esplosione del collare a impulsi elettrici che hanno messo al collo dei ragazzi. Il vincitore della gara, potrà tornare a casa e diventare <<un adulto migliore>>. Se, passati i tre giorni della gara, non ci sarà un solo vincitore, i collari automaticamente esploderanno
Per combattere la criminalità dilagante nelle giovani generazioni, niente di meglio che usare la violenza per eliminarli tra loro

                                                       Kazuo Kiriyama interpreta Masanobu Ando 

Il film è cruento, con molti toni splatter, ed una notevole diversificazione nei caratteri dei personaggi; non tutti da subito, sono portati alla battaglia e all'omicidio. I ragazzi sono distinti a coppie di numeri (uomo e donna), seguiti da nome e cognome. Interessante è il fatto che nella vicenda, ci siano più protagonisti, ognuno con la sua storia e il suo modo di vivere la vita e le amicizie; ci sono le migliori amiche che si rifiutano di uccidersi a vicenda, le due compagne pacifiste, i sanguinari, i pivellini spaventati che vogliono uccidere, ma alla fine sono i primi ad essere sterminati. Mi piace molto anche il fatto che si nota palesemente come vengano fatti fuori i più deboli e spaventati, che sparano alla cieca, mentre a mano a mano, rimangono solo i più scaltri e strategici, quelli che si rintanano dietro scaffali nei magazzini, chi nel faro, chi come i protagonisti principali, Shuya Nanahara, Noriko Nakagawa e Shougo Kawada  (Tatsuya Fujiwara, Aki Maeda e Taro Yamamoto) si allea e cerca di sopravvivere proteggendosi l'un l'altro. Nell'isola vengono fuori i lati più oscuri e disperati dei giovani: molti ragazzi si suicidano in coppia, altri invece affamati di vendetta per piccole discordie in amicizia prendono la situazione a loro vantaggio, uccidendo tutti i più indifesi. Infine non manca il cattivo di turno, forse il più spietato della storia del cinema se così possiamo dire: Kazuo Kiriyama, un ragazzo trasferito, psicopatico, interpretato da Masanobu Ando
Curiosità: nel film c'è anche l'attrice e modella Chiaki Kuriyama, che tutti conosciamo per l'interpretazione di Gogo Yubari in Kill Bill Vol. 1 (2003). Qui interpreta la dolce e allo stesso tempo spietata Takako Chigusa.

                                              Chiaki Kuriyama, interpreta Takako Chigusa

Non solo la storia ma anche gli spunti ironici e semi comici da commedia nera che sfociano nel grottesco, le violenze delle battaglie, i meravigliosi e selvaggi paesaggi dell'isola e i veloci cambi di macchina, alternati con lente inquadrature che si soffermano sulle espressioni dei giovani guerrieri, pieni di forza di volontà e voglia di vivere; tutte queste caratteristiche fanno di Battle Royale un film degno di nota, che fa decisamente riflettere sull'educazione giapponese. La sopravvivenza ai pericoli della vita, lo sviluppo dell'intuito e dell'esasperato lato animalesco che vive in noi sono tematiche che stanno molto a cuore a questo tipo di società. In un paese in cui tutto è controllato, e ognuno segue lo stesso percorso che seguono gli altri, cioè nascita, crescita, matrimonio, famiglia, vecchiaia, morte, e spesso porta i giovani  al suicidio o a forti problemi psichici, Battle Royale è sicuramente lo specchio futuristico di questa società all'apparenza perfetta. Una metafora forte e crudele sulla concezione nipponica della vita. E se il Giappone è sempre stato il regno dei simpatici manga e ragazzine con grandi occhioni e seni prosperosi e vestiti eccentrici, qui ne vediamo il lato drammatico portato all'estremo e dà i brividi.

                                       La vincitrice del Battle Royale dell'anno precedente alla storia. 

Una scena drammatica in cui tra un gruppo di amiche scoppia una fatale lite.

Concludendo, vi invito assolutamente a guardare questa perla giapponese, frutto di una mente brillante e profeta di tempi oscuri. 

                                          
Qui il trailer del film.

giovedì 26 settembre 2013

Voglia di CINEMA: "Rush" (2013)

Dopo aver diretto pellicole di successo come APOLLO 13, A BEAUTIFUL MIND e IL CODICE DA VINCI (solo per citarne alcune), il nuovo lavoro di Ron Howard si è rivelato, per quel che mi riguarda, uno dei film più SENSAZIONALI degli ultimi tempi.


Fulcro attorno a cui ruota la vicenda di Rush è il forte
antagonismo che, negli anni Settanta, ha diviso (e unito) due storici campioni di Formula 1, Niki Lauda e James Hunt, piloti rispettivamente della Ferrari e della McLaren: il primo, austriaco, serio, composto e preparato, apprezzato dal pubblico esclusivamente per le sue vittorie; il secondo, inglese, attraente, una testa calda dedita alle donne e alla bella vita. Due personalità diametralmente opposte, che però impediranno allo spettatore di schierarsi, proprio perché, grazie alla sapiente mano dello sceneggiatore Peter Morgan, i due rivali verranno mostrati come le due facce della stessa medaglia, e quella che, già dagli esordi in Formula 3, verrà dipinta come una spietata battaglia verso il primo posto, si rivelerà un autentico rapporto di stima, nonché un lampante esempio di sportività e VERO spirito di competizione.

Impossibile definire cosa colpisca di più di questo film. Possiamo parlare delle inquadrature (soprattutto in pista). Possiamo parlare dei paesaggi mozzafiato, persino quello accompagnato dal brutto tempo che risultò quasi fatale per Niki Lauda, durante il Gran Premio di Germania nel 1976. Possiamo parlare della regia, ma vi ho già detto il nome, non serve dirvi altro. Ma è come parlarvi di TUTTO.

Interessante anche la scelta del cast: Daniel Brühl e Chris Hemsworth rispettivamente nei ruoli di Lauda e Hunt, sono giunti, a parer mio, alla loro consacrazione definitiva come attori (soprattutto Hemsworth, già noto nel ruolo di Thor, ha trovato un personaggio con cui potersi esprimere appieno). Una punta di italian pride la ritroviamo nella presenza di Pierfrancesco Favino (non nuovo al
cinema internazionale), nel ruolo di Clay Regazzoni. Importante anche la presenza di Enzo Ferrari (interpretato da Augusto Dallara) che, seppur per poco tempo, dà un'aria di solennità al tutto.
In conclusione, Rush vi consente di provare ogni tipo d'emozione possibile: gioia, sofferenza (e anche tanta), divertimento, rimorso, senso di colpa. Impossibile non avere la pelle d'oca per tutta la
durata del film, dal primo rombo di motore alla chiusura, in cui si vedranno i veri protagonisti di questa epica storia di odio/amore - stima.


Scene del film.
I veri Niki Lauda e James Hunt

CONSIGLIATO A: sembrerà contraddittorio, ma lo consiglio soprattutto a chi non sa niente di Formula 1. Vi appassionerete molto più dei veri intenditori, proprio perché andrete al di là del concetto di sport, ed entrerete immediatamente nell'anima di questi due, grandiosi piloti.
Ad ogni modo, il mio consiglio generale è di alzarvi e correre al cinema. Subito.


lunedì 9 settembre 2013

Recensione "Certe strade semideserte" - Storie di otto nuovi amici (in collaborazione con Edizioni Leima)

Allora andiamo, tu ed io, 
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte...
Comincia tutto da questi versi di una poesia di T.S. Eliot, Il canto dell'amore di J. Alfred Prufrock, presenti anche nella sinossi del libro di cui sto per parlarvi. Da Eliot partono le strade semideserte che condurranno il lettore attraverso otto storie, otto viaggi di vite diverse tra loro, storie di otto autori diversi, dal cui incontro nasce un'antologia di racconti, intitolata appunto Certe strade semideserte, edita da Edizioni Leima (clicca QUI per visitare il loro sito), casa editrice palermitana con cui siamo liete di collaborare.
Copertina del libro.
 Già dalla presentazione dell'editore, Renato Magistro, è chiaro al lettore il viaggio, comprendente otto tappe diverse, che sta per intraprendere.
Certe strade semideserte è un viaggio dell'anima. Questi otto racconti, diversi tra loro sia per contenuti sia per stili narrativi, permettono al lettore di esplorare a tuttotondo la meta proposta da ogni singolo autore, dove per meta s'intenda una meta immaginaria in grado di generare molteplici emozioni.
E lo stesso è stato per me: pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, ho assaporato fino in fondo ogni genere d'emozione; dalla felicità all'amarezza, dal divertimento alla malinconia. È come se mi fossi seduta a tavola con otto amici, ed ognuno di loro mi abbia regalato una piccola parte di sé.
Tutti e otto gli autori, narratori famosi nella scena letteraria palermitana e non, hanno saputo trasmettermi appieno la loro personale emozione nello scrivere il loro racconto, e naturalmente nel donarlo, come il più prezioso dei doni, ai lettori.

Eccovi una piccola panoramica dei racconti componenti Certe strade semideserte:

Io come Te(x) di Giacomo Cacciatore:
La storia di Tommaso, la sua voglia di personificarsi in Tex Willer, non tra le sconfinate praterie del Texas, ma nel centro storico di Palermo, dove via Mongitore, la strada in cui, per la maggior parte del tempo, Tommaso/Tex passerà la sua vita, si tramuta per magia in Big Main Street, lo scenario perfetto per un western.
E sempre in via Mongitore - Big Main Street, Tommaso/Tex incontrerà il suo acerrimo nemico, il Turco, e sarà subito chiaro il distacco fra Tommaso e Tex, opposti fisicamente e caratterialmente.
Un viaggio in una Palermo che sembra dimenticata, ma che va riscoperta da chi a Palermo ci vive o ci ha vissuto, e che merita di essere conosciuta da chi Palermo non l'ha neanche mai visitata.

Il piano di Benjamin di Alessandro Savona:
Lo stile narrativo di Savona (autore di un altro romanzo, sempre edito da Leima, Etica di un amore impuro, QUI la recensione) è diretto e conciso, come se ti parlasse guardandoti negli occhi. La storia di Benjamin, uomo di cultura un po' impacciato ma dedito alla letteratura con tutto se stesso, ci riguarda il prima persona. Col suo tentativo di salvare i personaggi della letteratura caduti nell'oblio, Benjamin tenta di salvare la cultura stessa dall'oblio dell'ignoranza, ed è questo che anche noi de L'Ebbrezza della Cultura cerchiamo di fare, col nostro piccolo contributo.

Quando la sera è stesa contro il cielo di Valentina Gebbia:
Un racconto che prende il titolo, come l'opera intera, da un verso di Eliot, sicuramente il racconto che più mi ha commossa. Leggendolo in piedi, a voce alta, sono riuscita ad entrare nell'anima di Mayra Carolina, la protagonista, la quale, a soli dieci anni, ha già accumulato una quantità spropositata di sacrificio e sofferenza. Sono riuscita a sentire sotto la mia stessa pelle il suo disagio e i dubbi che le attanagliano il cuore, dovuti alle condizioni di povertà a cui sono costrette molte famiglie in Sudamerica, e alle pesanti conseguenze. Tuttavia Mayra troverà conforto in Rubia, un'amica a cui potrà raccontare tutto, a cui potrà aprire, come ali di farfalla, il suo cuore innocente e incontaminato dal marcio del mondo a lei circostante.

Profondo Rosso di Fabio Ceraulo:
Il titolo di questo racconto, nonostante riporti alla mente il celebre film di Dario Argento, in realtà cela una quantità inverosimile di umorismo. La storia di Ernesto detto "il Rosso", uomo dedito allo studio (sebbene non sia uno studente) e dall'aspetto imbarazzante, è quella di un moderno Salgari, il quale, pur non avendo mai viaggiato, nei suoi racconti al bar del quartiere, fulcro della vita sociale della zona, egli narra di luoghi mai esplorati dagli ascoltatori, ma soprattutto di donne, provenienti da ogni paese del globo, che hanno dato anima e corpo ad Ernesto. Tuttavia, quando la veridicità dei suoi racconti comincerà a vacillare, Ernesto, nel tentativo di trovare un escamotage, prenderà una nuova strada, e il suo destino cambierà completamente.

Lapdance di Elvira Seminara:
Col suo racconto, l'autrice riprende egregiamente la tecnica del monologo interiore che Schnitzler lanciò con Il sottotenente Gustl (se non l'avete mai letto, ve lo consiglio!) nel lontano 1900, prova che la letteratura si evolve senza dimenticare il proprio passato.
Raccontando la vicenda in prima persona, l'autrice impersona un uomo ossessionato da domande di qualsivoglia natura, concentrandosi soprattutto sulla moglie che, ne è sicuro, lo tradisce col suo migliore amico. Tuttavia l'uomo, insicuro per natura, non farà che sfuggire ai suoi problemi, rifugiandosi in se stesso.

La stazione di Marco Pomar:
Anche qui, come nel caso del racconto di Ceraulo, umorismo assicurato. Il protagonista, Ivan Palocci,  muore, e la sua idea di Aldilà viene completamente sconvolta dal dialogo con l'Orientatore, un angelo-guida che mostrerà a Palocci quanto il mondo ultraterreno, più che ai cori del Paradiso o alle fiamme dell'Inferno, sia più simile ad un ufficio di collocamento.

L'odore del sughero di Alessandro Locatelli:
La storia di come la vita di un uomo, un pianista in ascesa, cambierà per sempre, solo per aver preso la strada sbagliata. E proprio a causa di questo errore inaspettato, la sua carriera verrà del tutto stroncata. Questo racconto non è altro che una metafora di come i cambiamenti ci possano condurre 
in strade del tutto inaspettate, dove quelle che inizialmente erano le nostre priorità diventeranno soltanto minuzie, ai margini della nostra vita.

Stupor mundi di Maria Grazia Scalfani:
La protagonista dell'ultimo racconto che chiude in bellezza Certe strade semideserte, Mara, in realtà rappresenta una figura comune a molti amanti della cultura: una persona che sa, ma che viene continuamente bistrattata, sottovalutata (soprattutto in ambito lavorativo), a cui capita spesso e volentieri, per scelta e non, di affrontare una realtà del tutto priva della cultura che si apprende grazie all'amore per i libri, la musica, il cinema e all'informazione in generale. Il tutto nel quartiere popolare di Ballarò a Palermo, dove Mara vive, e dove un incidente con un abitante della zona la farà sentire ancor più diversa, ancor più lontana dalla realtà di cui fa parte.

Oltre al contenuto e allo sviluppo narrativo di tutti e otto i racconti, una cosa che ho parecchio apprezzato, e che magari potrà sfuggire ad un occhio meno attento, è la piccola introduzione che ogni autore ha scritto per il racconto di un altro autore. Ciò mi fa pensare al puro concetto di lavoro di squadra, e al giorno d'oggi, dove competere l'uno contro l'altro è all'ordine del giorno, è un concetto assai raro.
Un altro punto a favore per questo libro, considerando che noi stesse, collaborando e aiutandoci a vicenda, siamo una squadra perfettamente funzionante.

Consiglio vivamente la lettura di quest'antologia di racconti a TUTTI, indifferentemente dai vostri gusti. Vi invito a percorrerle, queste strade semideserte, proprio perché in ogni racconto, percorrendo ognuna di queste strade, troverete una diversa emozione, e senz'altro troverete una parte di voi stessi.
E non lo farete mai da soli.

Alla prossima!
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