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lunedì 26 gennaio 2015

Voglia di LIBRI: Bianco come la vaniglia, Contro Versa e Il Pogrom della Continassa (Sabbiarossa Edizioni)

Salve a tutti! 
In questo post odierno non vi propongo una recensione, bensì tre! Avrei dovuto parlarvi di questi testi mesi e mesi fa, ma a causa dei numerosi impegni universitari, la laurea e scocciature varie, come vi abbiamo avvisato più volte, molte recensioni sono state messe in lista d'attesa. 
Oggi ho finalmente il piacere di parlarvi di tre dei sei libri che ci ha inviato la casa editrice calabrese Sabbiarossa Edizioni, le cui diverse collane raccontano, basandosi su storie vere, problemi e aspetti importanti della nostra società.
I tre "granelli" di cui parlerò oggi sono: "Bianco come la vaniglia", "Contro Versa" e "Il Pogrom della Continassa".


Bianco come la vaniglia di Paola Bottero (2011, collana STORIE)

Se fosse un colore sarebbe bianco.
Se fosse un odore sarebbe vaniglia pura. Vellutata e carnosa.
Bianca, morbida e decisa come lui.

Tra i "granelli" di Sabbiarossa che ho avuto modo di conoscere più da vicino, ho senza dubbio conservato meglio nel cuore proprio quest'ultimo. "Bianco come la vaniglia" non è solo la storia di Francesco Maria Inzitari, un ragazzo ucciso dalla mano spietata della n'drangheta; è la storia di Ciccio, un adolescente come tanti, con le sue passioni, le sue amicizie e i suoi momenti di naturale ribellione. Attraverso la memoria indelebile della sorella Nicoletta, oggi presidentessa della fondazione "Francesco Maria Inzitari", la giornalista Paola Bottero ricostruisce la vita di Francesco, la cui costante allegria e la voglia di mettersi in gioco erano uno stimolo per chiunque gli stesse accanto, focalizzandosi principalmente sugli ultimi due anni di vita del ragazzo, partendo da una sera di luglio 2007, in cui riceve la prima coltellata, fino al tragico epilogo, il 5 dicembre 2009, quando Francesco, appena maggiorenne, viene assassinato.
Nonostante l'orrore e l'ingiustizia che pervadono ogni pagina, in cui, man mano che ci sia avvicina alla fine, si respira sempre più un'aria sinistra, ciò che l'autrice tiene in primis a sottolineare non è una delle più profonde piaghe sociali che deformano da sempre il nostro paese, ma la storia personale di un normalissimo ragazzo, amante del cibo, del pallone e delle uscite con gli amici. Ed è ciò di cui, sfortunatamente, ci si dimentica il più delle volte quando si parla di queste tragedie, dove spesso si omette che, dietro ad una morte, per quanto ingiusta e disonesta che sia, ci sono persone vere.
Uno dei passaggi più profondi di questa storia è sicuramente il momento in cui, fotogramma dopo fotogramma, viene descritto il filmino della festa per i diciotto anni di Francesco, età tanto attesa che, volente o nolente, segnerà un importante, doloroso punto di rottura. 


Contro Versa di A. Ammirati, M. Andreani, L. Cardone, D. Celentano, L. De Vitis, A. Pigliaru, I. Pintadu, D. Righini, F. Timeto, G. Vingelli (2013, collana GENEALOGIE)

Un'azione di riconoscenza "sostantivo di genere femminile".

Un libro che nasce come una vera e propria sfida. In questa controversa - il gioco di parole non è casuale - sfida letteraria, dieci voci femminili danno vita ad un coro del tutto singolare, dove il ruolo della donna viene scardinato e rivisitato nei settori più disparati.
Se vi ha ricordato un libro che molti di voi avranno già letto, avete indovinato: come non pensare a "Una stanza tutta per sé" di Virginia Woolf? Tuttavia, le autrici di "Contro Versa" non rivedono il ruolo della donna soltanto nel mondo della letteratura. Nelle tre sezioni in cui tale testo è suddiviso, ci si sofferma su alcune figure femminili che hanno sacrificato, oltre alle parole, la loro stessa vita, come Lea Garofalo, nota alla cronaca come una delle (purtroppo) numerose vittime della n'drangheta (e qui ci si ricollega al testo che vi ho recensito sopra), nonché sull'idea della donna come essere dotato di una mente viva, attiva e curiosa. Attraverso alcune "colonne portanti" del femminismo, come Simone De Bauvouir, la già citata Woolf e Luce Irigaray, le autrici di quest'opera incoraggiano le donne a fare la cosa più importante: pensare.
Infine, l'ultima sezione si concentra particolarmente sul rapporto che la donna pensante ha col mondo dell'arte e della letteratura, attraverso le protagoniste dei romanzi della scrittrice sarda Fausta Cialente (1898-1994). 
Per quanto possa sembrare il contrario, "Contro Versa" non è solo un libro per donne scritto da altre donne, ma un'opera collettiva, una lettura sì impegnativa, ma adatta a chiunque abbia voglia di scoprire il lato meno chiacchierato dell'universo femminile.
Scheda del librohttps://controversasred.wordpress.com/


Il Pogrom della Continassa di C. Osella e M. Francese (2012, collana TRACCE)

Siamo tutti uomini, non è che siamo animali.

In questo libro-inchiesta, viene sollevato un altro argomento particolarmente delicato anche in Italia: la presenza dei Rom. "Il Pogrom della Continassa", nella fattispecie, racconta le storie dei Rom residenti nel torinese, che nel 2011 sono stati presi di mira dopo un fatto di cronaca, rivelatosi poi falso, che accusava due rom di violenza sessuale nei confronti di una sedicenne. In seguito un incendio doloso nel campo rom della Continassa ha raso al suolo decine di abitazioni. Il problema di base, in Italia come altrove, che riguarda tutti, è il pregiudizio: essendo una cultura diametralmente opposta alla nostra, quella dei Rom appare come una scelta di vita sbagliata a priori, rendendoli, di conseguenza, facili capri espiatori. 
Quel che colpisce il lettore, qui come nelle letture precedenti, è la delicatezza in cui un tema tanto difficile viene trattato, facendo anche qui prevalere, invece del dramma sociale di chi, per scelte di vita e/o cultura d'origine, vive diversamente da noi, la parte umana di questa storia. Particolarmente significativa anche la lettera che la Osella, presidentessa dell'A.I.Z.O. (Associazione Italiana Zingari Oggi) ha scritto alla sedicenne, in cui sottolinea ulteriormente il fatto che una differenza di cultura rende diversi, ma non meno umani degli altri.

Colgo ancora l'occasione per ringraziare la casa editrice per averci dato l'opportunità di leggere e recensire alcuni dei testi da loro editi. Le recensioni degli altri tre libri verranno pubblicate al più presto possibile :-)

Spero abbiate apprezzato questa tripla recensione e, se vi va, alla prossima!

Dorotea.

martedì 6 gennaio 2015

PASSA LA BEFANA E VI LASCIA UNA RECENSIONE!

Salve a tutti, cari fans! 
E dato l'orario ne approfitto anche per farvi gli auguri per questa Epifania, che tutte le feste si porta via. Ebbene sì, si ritorna alla solita routine. Non so voi, ma io non sono affatto felice T_T
Sessione invernale alle porte, e qui gli unici libri che si toccano sono proprio quelli che vi recensiamo! :P
Tornando a noi...
Alcuni mesi fa ho avuto il piacere di partecipare, per il secondo anno consecutivo, all'evento "Una marina di libri" che si è tenuto nel complesso monumentale di Sant'Anna, a Palermo, il quale è stato aperto proprio dal celebre e grandissimo Andrea Camilleri, padre del noto Commissario Montalbano. E' stata una bella esperienza che, due anni fa ci ha portato alla conoscenza della scrittrice esordiente, e ormai amica, Loredana La Puma, con la sua trilogia dell'Averon (eccovi il link, qualora aveste curiosità di saperne di più: https://trilogiaaveron.wordpress.com/), mentre, stavolta, l'abbiamo condivisa insieme appieno.
Tra i tantissimissimissimi libri che avrei voluto comprare, infine, ho fatto come penso facciate anche voi quando siete indecisi e non sapete quale lettura accaparrarvi: mi son fatta scegliere!
Difatti, sono stata avvicinata da una ragazza che in quel momento lavorava per la casa editrice Voland e mi sono lasciata ammaliare dalle promozioni, dalle copertine colorate, e insomma... ho acquistato due libri, entrambi della famosa scrittrice belga Amélie Nothomb. ^_^
Molti di voi la conosceranno per il romanzo "L'igiene dell'assassino" o ancora, "Sabotaggio d'amore", e così via...


STUPORE E TREMORI di AMELIE NOTHOMB
Il mio acquisto è stato "Stupore e tremori" (1999) con l' annesso libro di novelle "L'entrata di Cristo a Bruxelles" (Voland, 2008).
E' stata per me una piacevole scoperta, sia della scrittrice, sia della sua straordinaria capacità di mettere su carta sensazioni ed emozioni, il tutto sempre analizzato in una continua crescita personale. Sì, perché lei stessa definisce questo romanzo 'autobiografico'.

La giovane Amélie inizia l'8 gennaio 1990 a lavorare per la Yumimoto, una grossa multinazionale giapponese, credendo di poter giovare alle attività dell'azienda grazie alla sua padronanza del francese e del giapponese. Nonostante cerchi di rendersi utile e porti a termine un progetto in modo brillante, viene denunciata dalla sua superiore, Fubuki Mori. La protagonista non si rende infatti conto di non aver rispettato la gerarchia e la complessa trama di rapporti che regolano la vita aziendale. Da quel momento in poi le verranno affidati gli incarichi più disparati, che non riuscirà mai a portare a termine in modo corretto. Continuerà a subire una lenta e umiliante retrocessione, fino ad assumere una degradante mansione...

La storia si apre con l'assunzione della protagonista come traduttrice all'interno di questa grande azienda e ciò suscita le prime impressioni. La Nothomb passa in rassegna tutte le sue prime sensazioni, i suoi pensieri e le sue idee in maniera così dettagliata, mai noiosa e notevolmente oggettiva. Nonostante il Giappone sia il luogo da lei tanto amato (in cui, tra l'altro, visse durante l'infanzia), non risulta "di parte", e di conseguenza ne mette in rilievo i difetti, specialmente quelli legati alla mentalità nipponica. L'intero romanzo è segnato da una forte carica di ironia e critica verso la cultura lavorativa della civiltà giapponese che scaturisce dallo stupore e dallo smarrimento per un sistema che schiaccia ogni individualità, nel nome del formalismo gerarchico.

"I più incomprensibili atteggiamenti di una vita sono spesso dovuti al persistere di un offuscamento di gioventù: da bambina, la bellezza del mio universo giapponese mi aveva tanto colpita che andavo ancora avanti grazie a quel serbatoio affettivo. Adesso avevo sotto gli occhi l'orrore altero di un sistema che negava ciò che io avevo amato, e tuttavia restavo fedele a quei valori nei quali non credevo più."

Continuo è il contrasto, o meglio, il confronto tra Oriente e Occidente. 
Via via che si procede, si rimane sempre più increduli nel vedere come la situazione assuma una piega così brutta. Tutto assume un connotato quasi paradossale, poiché in realtà impegnarsi duramente e mostrarsi ben capaci, validi e seri, dovrebbe giovare alla propria persona, alla propria immagine e si dovrebbe riceverne i frutti. Ma non qui, non per Amélie che, piuttosto, agli occhi dei suoi superiori ha assunto un'immagine negativa, di occidentale indisciplinata.
Da qui ha inizio la "guerra" con la signorina Fubuki Mori, la quale personifica l'infelicità (mascherata) della donna giapponese che, per quanto in carriera, non sarà mai realmente indipendente, mai realmente libera. Solo eternamente accondiscendente. 
Difatti, nelle pagine in cui viene esaminata la condizione della donna, il sorriso ironico scompare per lasciare spazio alla fredda rabbia e contrarietà della scrittrice.
E poi, chi si farebbe rubare un posto tanto ambito (anche se al di sotto di altri), dopo tutti i sacrifici fatti? Di certo non una donna giapponese "emancipata".
A tirata di somme posso dire di essermi sentita parte integrante della storia, perché la Nothomb me lo ha permesso, anzi, mi ha obbligata... e ho vissuto con lei questa esperienza incredibile!
Piacevole è l'alternanza tra i momenti di serie e tristi riflessioni e momenti in cui i suoi colpi di genio (o di follia, se chiediamo ai giapponesi!) suscitano divertite risa. :D

Vi lascio con il passo che più ho amato del libro:

"Io, da piccola, volevo diventare Dio. Il Dio dei cristiani, con la D maiuscola. Verso i cinque anni compresi che la mia ambizione era irrealizzabile. Allora scesi un po' dalle nuvole e decisi di diventare Cristo. Immaginavo la mia morte sulla croce al cospetto dell'umanità intera. A sette anni presi coscienza che la cosa non si sarebbe avverata. Decisi, più modestamente, di diventare martire. Sono rimasta ferma su questa scelta per parecchi anni. Ma non ha funzionato."

lunedì 5 gennaio 2015

Voglia di LIBRI: "Ciò che inferno non è" di Alessandro D'Avenia

Copertina del libro. 
"Sono convinto che ogni anima sia fatta di almeno cinque parole, le cinque che preferiscono. Le tue cinque parole sono quelle che dicono come respiri, e da come respiri dipende il resto. Le mie sono: vento, luceragazzasilenziosamente e benché. Ognuno dovrebbe scrivere una poesia con le sue cinque parole, giusto per ormeggiare l'anima in un porto sicuro." [p. 37]
Con queste parole viene delineato il personaggio di Federico, protagonista di "Ciò che inferno non è", terzo romanzo dell'autore palermitano Alessandro D'Avenia, edito Mondadori ed uscito in libreria giorno 28 ottobre 2014. 
Nonostante l'estratto sopracitato si trovi ben oltre l'inizio della narrazione, ho scelto di iniziare così la mia recensione per sottolineare l'importanza che, sia per il protagonista sia, chiaramente, per l'autore, hanno le colonne portanti della comunicazione: le parole; che esse possano ferire più di una spada è risaputo. Ed è proprio con le parole che Federico, studente diciassettenne del liceo classico "Vittorio Emanuele II" di Palermo, intende dare il proprio contributo al mondo. Tuttavia il suo professore di religione gli farà ben presto notare che le parole, da sole, non bastano: occorre anche e soprattutto agire. Ragion per cui Federico si ritroverà presto a che fare con una realtà totalmente diversa dalla sua, la difficile realtà di un quartiere come Brancaccio. Perché il suo professore di religione non è un uomo qualsiasi, è Padre Pino Puglisi, e l'anno è il 1993
Una volta aperti gli occhi su un mondo tanto vicino quanto remoto come quello presente a Brancaccio, dove chi comanda agisce in silenzio e dove gli "estranei" non sono ben accetti, Federico inizia a percepire il proprio di disagio, sentendosi a sua volta "estraneo" nella propria città. Tuttavia, grazie al tenace lavoro di Padre Puglisi al centro "Padre Nostro", Brancaccio rivela il suo lato nascosto, quello in cui c'è ancora chi crede nei propri sogni, come Lucia, in cui Federico vedrà realizzarsi il proprio sogno d'amore petrarchesco. 

Altro simbolo ricorrente in questo romanzo, come già si può notare dalla copertina, è il mare, i cui sconfinati orizzonti rappresentano quel barlume di speranza tanto agognato dai bambini del centro "Padre Nostro", il cui sogno, risvegliato dall'animo e dalle parole di Puglisi, è di andare oltre quei confini, e di avere la possibilità di riscattarsi da un destino, volente o nolente, fortemente influenzato dal loro quartiere. 

Con "Ciò che inferno non è", D'Avenia permette al lettore di far rivivere uno dei capitoli più tristi della storia dell'Italia del Novecento. Attraverso le parole tanto amate da Federico è possibile scardinare i pregiudizi che, sfortunatamente, sono ancora legati a tali tematiche, facendo prevalere l'importanza dei sentimenti, della passione, ma soprattutto della voglia di riscattarsi, sia che ci si trovi a Brancaccio, sia in qualunque altra parte del mondo. Ed è ciò che, pur versando qualche lacrima, resta al lettore fino alla fine della lettura.

Detto ciò, consigliarvi la lettura di questo romanzo è più che scontato, perciò vi lascio con un'altra delle tante citazioni che più ho amato, incoraggiandovi ancora una volta a leggere, amare e meditare su questa bellissima storia:

"A mare" e "amare hanno lo stesso suono, e tutto ciò che è ambiguo qui è vero: il cuore spasima la vita e la vita non lo accontenta mai.". [p. 196]
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