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martedì 28 aprile 2015

Voglia di Cinema: Child 44 – Il bambino numero 44: anche il Paradiso ha un lato oscuro

Recensione a cura di Alessandra Vaccarella e Cristiano Ciccotti

Il film, nelle sale italiane a partire dal 30 aprile, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo bestseller di Tom Rob Smith. Si tratta di un avvincente thriller, diretto da Daniel Espinosa e  ambientato nella Russia sovietica del 1953. Ispirato ad una storia vera.

Leo Demidov (Tom Hardy), orfano diventato eroe di guerra, è un superbo prodotto del sistema Sovietico. Demidov ha fatto carriera nell’MGB, il servizio di sicurezza nazionale dello Stato, fino a diventare uno degli investigatori di punta delle attività dei dissidenti. Quando Leo e il suo sadico collega, Vasili (Joel Kinnaman), riescono a catturare la presunta spia Anatoly Tarasovich Brodsky (Jason Clarke), il “traditore” fa il nome della moglie di Leo, la bella insegnante Raisa (Noomi Rapace), come parte del gruppo di cospiratori.

Costretto ad indagare sul presunto tradimento di Raisa, Leo si occupa anche del caso di un ragazzino trovato senza vita sui binari del treno. Nonostante tutti gli indizi facciano sospettare che si tratti di un omicidio, Leo descrive questa morte come un incidente al padre del piccolo, l’agente dell’MGB Alexei Andreyev (Fares Fares), perché, secondo i dettami del regime stalinista, “Non ci sono crimini in Paradiso”.




Quando Leo si rifiuta di denunciare sua moglie, un comandante dell’MGB, il Maggiore Kuzmin (Vincent Cassel), confina la coppia nella tetra città industriale di Volsk. Costretti in un’angusta stamberga ed emarginati da tutti, Leo e Raisa scoprono che decine di altri ragazzini sono stati vittime di orribili incidenti vicino ai binari della ferrovia in circostanze pressoché identiche a quelle del figlio di Alexei. I due uniscono le forze con il capo della Polizia del luogo, il Generale Nesterov (Gary Oldman), e riescono a fare furtivamente ritorno a Mosca per raccogliere indizi sul caso, prima di risalire all’identità del killer.


                                                                                     Alcune scene del film

Nel tentativo disperato di tenere sotto controllo il suo ex collega, Vasili, sempre più psicotico, cerca di fermare Leo e Raisa prima che catturino il killer di bambini, che non ha collocazione nella società comunista concepita da Stalin, in cui non dovrebbero essere commessi crimini. Nonostante le vittime e i danni occorsi, lo Stato Sovietico rimarrà comunque immune alle verità scomode di Leo.

Le interpretazioni (non solo dei protagonisti) sono il fiore all’occhiello di questa eccellente pellicola. Ogni personaggio è scritto e interpretato in maniera ineccepibile; ognuno di essi mostra le sue luci e le sue ombre. E ogni personaggio rispecchia il tema del film: quanto sei disposto a perdere per la verità?

Ottima la prova di Tom Hardy (Inception, The Dark Knight Rises, Locke), in grado di interpretare un personaggio difficile e così lontano dai cliché. Hardy riesce a mostrare con rara efficacia le svariate sfaccettature di Leo Demidov e i suoi drammi interiori: freddo, inflessibile, cinico e duro con se stesso, ma anche capace di una sensibilità davvero profonda. Convincenti anche le prove di Noomi Rapace (Uomini Che Odiano Le Donne), anch’essa autrice di un’interpretazione davvero notevole, e Gary Oldman.

                                             Gary Oldman nel ruolo del Generale Nesterov

Sontuosa la messa in scena, così come la fotografia: fredda e cupa proprio come i fatti narrati. Inoltre, non dimenticando che, seppure si tratti di un film in costume, stiamo parlando di un thriller, e dei migliori: la suspance raggiunta dalle indagini portate avanti sottobanco da Leo, Raisa e Nesterov è da manuale, perché il regime è sempre lì che ascolta, controlla e condanna. E non può permettere che si sappia che, anche in paradiso, gli omicidi esistono.




 Altre scene tratte dal film Child 44- Il bambino numero 44


Ispirandoci all’analisi dei regimi totalitaristi fatta dalla nota filosofa e storica Hannah Arendt, (Le origini del totalitarismo, 1951), diamo uno sguardo a quello che comporta un tipo di governo come il regime totalitario.
                                             "Le origini del totalitarismo", prima edizione 1951.

Sostanzialmente, ciò che la Arendt afferma, è che la base dello stato totalitario è sempre l'organizzazione delle masse amorfe e isolate. Per masse si vuole intendere individui senza patria, senza stato, indesiderati, economicamente superflui e socialmente gravosi. In Russia è stato lo stesso Stalin a creare le masse, eliminando la distinzione in classi e nazionalità, attraverso la liquidazione delle classi possidenti e la centralizzazione della burocrazia.

Hannah Arendt, storica, filosofa e scrittrice (1906-1975). Autrice anche de "Le origini del totalitarismo", "Sulla rivoluzione" e  il discusso "La banalità del male".


L’iter di un regime totalitario è sempre lo stesso: le masse, esauste e annullate nella loro individualità, sono disposte ad essere guidate attraverso una propaganda aggressiva verso un mondo fittizio, creato e determinato da una ideologia che dà una spiegazione a tutto, dalle leggi della natura alle leggi della storia, il cui intento è quello di organizzare le masse per prepararle alla guerra. All’interno di questo mondo amorfizzato e isolato, le masse non avendo più un metro di distinzione e dunque nemmeno un metro di paragone con gli altri governi, vivono una realtà fittizia, che annulla la loro identità individuale. Non sentendosi più rappresentati dallo Stato nel mondo reale, essi vivono una bugia, abituandosi al loro “non- status sociale”.

La propaganda viene attuata per mezzo di minacce velate e indirette contro tutti gli avversari, creando un regime di paura condizionata; fondamentali all’interno della propaganda di regime sono le profezie, o predizioni del futuro. Il leader, Hitler nel caso del nazismo, Stalin nella dittatura comunista, professa un’onnipotenza con la quale intende spiegare i fatti come eventi che accadono in virtù di una serie di connessioni ideologiche legate al solo fatto di essere al potere.

La finzione creata dalla propaganda diventa la realtà del regime totalitario mettendo in luce il fine ultimo del totalitarismo: la conquista del mondo per realizzare le sue menzogne e avverare le sue profezie. Così, il contenuto della propaganda - il mondo fittizio - diventa un elemento della vita quotidiana: la realtà.

Il partito nazista mostra nella sua denominazione questo tipo di atteggiamento: il "partito nazional-socialista tedesco dei lavoratori" inserisce nel suo nome una sintesi di ideologie contrapposte, di nazionalismo e socialismo, che erano ritenuti incompatibili e riesce ad inserirle in un contesto del tutto “compatibile”. Questa pretesa di rappresentare l'intera società è parallela all'impeto internazionalista del movimento totalitario che non intende rimanere nei confini del paese in cui governa. Infatti, nel mondo esterno la storia ci mostra come siano stati fondati movimenti simili subordinati al movimento originale (come l'internazionale comunista, strumentalizzato da Stalin per farsi seguire da tutti i partiti comunisti d'Europa).

Altro fondamento del totalitarismo è l’assoluta dedizione e fedeltà incondizionata delle masse ai capi di governo, traducendo in realtà la fitta rete di menzogne, per creare una società in cui i membri agiscono e reagiscono secondo le regole del suo mondo fittizio. Per creare questo mondo fittizio, tutti gli strati della società devono essere rappresentati nel movimento. Questo succede con la fondazione di sub-organizzazioni di simpatizzanti per i vari strati come operai, professori, studenti, etc. E’ così pertanto, che il movimento crea una copia del vero mondo.

Il nucleo del movimento totalitario è il capo: infallibile, insostituibile e personificazione di tutti gli elementi del movimento. Egli tiene i suoi subalterni in una dipendenza personale e si identifica con essi in quanto suoi diretti esecutori. Il capo deve impersonare tutti gli strati del movimento. Lui si prende tutta la responsabilità per i crimini commessi dall'élite, il più radicale dei radicali. Cosi l'intera organizzazione s'identifica con il capo e dipende da lui. 

                                                               Iosif Stalin (1922-1953)

Non conta la veridicità delle sue parole, ma l'infallibilità delle sue azioni, che è alla base della struttura. E questo è alla base del concetto espresso nel film Child 44, “Non ci sono omicidi in Paradiso”. Questa affermazione indica una palese negazione di un sistema che vede crollare la tela di menzogne del quale si è circondato, dal quale è anzi stato creato. Uno Stato perfetto, onnipotente, dove non c’è il bisogno di commettere crimini. 
Tranne per il fatto che è solo un mondo fittizio, gestito da funzionari di governo che non possono ribellarsi, che vivono nell’ipocrisia che forgia per l’appunto la realtà del regime, fingendo che tutto vada bene e che “il sistema funzioni”. A coronare questa immagine irreale, vi è la polizia segreta, fuori dalla gerarchia ufficiale, ma che rappresenta il potere reale nel sistema totalitario, il potere esecutivo.  

Il compito originario della polizia segreta, scoprire gli autori di delitti, non è più attuabile, considerando l’infallibilità del governo totalitario e pertanto, grazie all'indottrinazione e l'organizzazione delle masse in organizzazioni di simpatizzanti, viene creato un sistema di spionaggio onnipresente sulle masse, anziché preoccuparsi degli individui “realmente” pericolosi.

Ecco dunque che il regime totalitario domina l’uomo, che non è più un uomo in quanto individuo, ma massa, proprietà dello stato, con una fasulla libertà, circondato dall’occhio vigile del governo. E nel frattempo, laddove sono commessi i crimini più efferati, si suole nasconderli e ignorarli come polvere sotto il tappeto, per non compromettere la validità delle profezie e delle ideologie con cui nutrire il popolo, saziato da idee fasulle.

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